PENSIERI DI GIOVANNI




Questi sono alcuni pensieri annotati da Giovanni nel suo diario e raccontano il suo cuore e l'evoluzione del suo spirito, la faticosa conquista della felicità e della consapevolezza attraverso l'impegno e il rigore personale e l'esperienza dell'amicizia e della fede

I PENSIERI DI GIOVANNI


Questi pensieri sono stati scritti dal 1981 al 1990 e sono qui trascritti in ordine cronologico, eccetto la poesia "Sogni di felicità" di datazione incerta, riportata a conclusione.

La profonda umanità di Giovanni, frutto di una naturale sensibilità, di una grande fede e di molteplici esperienze, si riflette in queste pagine e si aggiunge al vivo ricordo di quanti lo hanno conosciuto personalmente. E' la testimonianza di un itinerario di maturazione personale che allo stesso tempo, è valido per ciascuno, perché tocca il "cuore" della questione umana: il rapporto di sé con il Destino.

Le parole di Giovanni ce lo fanno sentire ancora, e sempre più, presente in mezzo a noi ed intimamente legato alle nostre vite.

BREVE BIOGRAFIA

Chi ha conosciuto personalmente Giovanni non può non ricordarlo come una persona estremamente dinamica, tenace, sempre coinvolto in mille iniziative ed attratto sempre da nuove esperienze.

Con Giovanni ciascuno di noi ha vissuto momenti intensi, quelli di cui resta traccia nella memoria e per questo probabilmente ci manca di più di quello che noi stessi ci aspettavamo.

E' stata una persona che pur affrontando la vita con serietà sapeva anche essere gioviale e spensierato.

Ma ciò per cui tutti noi lo abbiamo apprezzato di più è perché si è sempre dimostrato un amico "accorto" e sensibile...

Giovanni Scolaro nasce a Verona, il 22 Marzo 1963, e la sua infanzia è vissuta serenamente nell'ambito familiare dedicando alla scuola tutte le sue energie.

Frequenta la scuola elementare "Virgo Carmeli" nel suo quartiere e qui iniziano i suoi primi contatti con i coetanei.

Si iscrive alle scuole medie presso l'istituto Don Bosco, dove prosegue e frequenta il Liceo Scientifico.

Per Giovanni lo studio riveste una grossa importanza ed i risultati sono eccellenti.

Durante le scuole superiori comincia a frequentare il gruppo adolescenti della sua comunità ed inizia a dedicare il suo tempo anche ad iniziative caritative.

In questi anni Giovanni si trasforma e rivolge la sua attenzione all'esterno pur mantenendo sempre a differenza dei suoi coetanei una grande responsabilità nell'impegno allo studio.

L'impressione che dava di sé era quella di una persona che "sapeva già quello che voleva".

Gli abitanti di Golosine ricordano senz'altro il modo di dimostrare la sua allegria: "le sue fragorose risate ed il suo continuo fischiettio nelle lunghe passeggiate con il fedele cane"

Le sue passioni cominciano a delinearsi: la bicicletta da corsa, le passeggiate e le arrampicate in montagna, lo sci di fondo.

Cresce in lui sempre di più il desiderio di approfondire, pone a sé e agli altri domande che sembrano "troppo grandi"

Fra le matricole a medicina, nessuno aveva le idee chiare come lui.

Ad esempio, una delle sue prime preoccupazioni era la possibilità di uno sbocco lavorativo, nonostante avesse davanti a sé sei anni di studio.

All'Università nella Facoltà di Medicina di Verona, sente subito l'esigenza di mettersi a servizio degli studenti, e li rappresenta ufficialmente diventando un punto di riferimento per molti.

Riesce nel frattempo ad aiutare la madre che gestisce un'attività commerciale al mercato ortofrutticolo alzandosi ogni giorno all'alba,riuscendo poi ad arrivare puntuale alle lezioni universitarie.

"Le sue donne", così come ama chiamarle, la nonna, la zia e sua madre, gli sono sempre presenti nel pensiero e nell'affetto.

La Comunità Parrocchiale lo vede sempre attivo nell'animazione degli adolescenti, nell'animare il gruppo caritativo dei giovani e nella presenza costante alla S.Messa.

Frequenta per alcuni anni il movimento dei Focolari, attraverso i gruppi Gen.

Importanti per lui saranno diversi momenti vissuti alle Mariapoli.

Entra a far parte attivamente del gruppo Alpinistico Giovane Montagna frequentando sia le attività estive (alpinismo) che quelle invernali (sci di fondo) non trascurando però l'attività sociale in sede.

Una passione particolare lo porta a cantare nel coro della Giovane Montagna.

La montagna è il suo grande rifugio; il luogo dove ritempra il suo spirito e da dove ritorna con la "nota carica", la voglia di cimentarsi fino in fondo nella vita. Durante gli anni dell'Universtà, incontra il movimento di Comunione e Liberazione.

E' un incontro decisivo. Da persona aperta quale è, ci prova, osserva incuriosito, poi l0esperienza lo affascina tanto da diventare quella sulla quale costruire la sua vita.

E così accoglie l'invito a recarsi in Polonia al Pellegrinaggio di Czestochowa. Ritorna stanco ma entusiasta.

Collabora alla felice affermazione dell'Orao, un'agenzia specializzata nella rassegna stampa, un'opera creata come scommessa per offrire nuove opportunità di lavoro.

Si fa promotore insieme ad un gruppo di amici di portare l'insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa nella parrocchia, nel quartiere, nelle bieche segreterie di partito, invitando le coscienze a riflettere sul valore dell'impegno cristiano.

Ma Giovanni è un uomo concreto, vuole che alle parole seguano i fatti.

Per questo riprende l'attività di animatore e si impegna perché possa nascere un centro culturale a Santa Lucia.

Una volta raggiunta la laurea in medicina, inizia la sua attività di medico.

Ma anche in questa scelta Giovanni si distingue. Infatti il suo studio continua, con l'umiltà di colui che ha ancora molto da apprendere e da scoprire.

Dopo un'esperienza nella ricerca di base dell'Università inizia un intensa attività nel campo della medicina del lavoro come professionista associato allo SMAL (Servizi Medicina Ambiente e Lavoro)

Non gli basta però la specializzazione: vuole conoscere le prospettive cliniche di diversi approcci terapeutici e fonda, insieme ad altri amici, l'associazione A. Carrel per la medicina integrata.

Lavora come guardia notturna alla clinica Chierego-Perbellini, collabora come sostituto presso alcuni suoi amici medici, studia e ... non si ferma.

E' un per lui felice, nella vita professionale e affettiva.

E' una bellissima sera e Giovanni sta rientrando da una visita presso una fabbrica ed accade, imponderabile, l'incidente che pone fine alla sua vita terrena, e gli apre le porte dell'Incontro che il suo cuore ha sempre cercato.


"La presente raccolta di pensieri è un documento della mia maturazione umana. Non contengono, perciò, il racconto di un'esperienza straordinaria: è il cammino di tanti uomini, è la Via che tutti essenzialmente percorrono. Se c'è un pregio nelle mie righe, credo possa consistere nella consapevolezza con cui parlo di alcune delle mie conquiste"

Gli abeti del giardino della scuola

Scorgo a fatica, dal mio cantuccio, gli abeti nel giardino della scuola.

Sono alti, hanno fusti poderosi, d'un grigio cupo, intenso, i rami grossi, forti, ornati di verdi aghi.

Il loro è un brutto verde, chiaro, reso tale dalla nebbia che si è depositata tra le fronde.

Sono strani quegli abeti; ad un certo punto, si piegano ambedue e le loro sommità s'incontrano, come arco.

La pioggia li ha resi umidi e tetri; la foschia confonde i contorni dei rami più bassi, che s'intrecciano in uno scuro groviglio.

Lascia che gli altri si premurino per te, anche se ciò ti può infastidire.

Lascia che ti amino, come meglio credono e possono.

Poni dei limiti, ma siano più larghi possibile.

La preghiera risolve tutto

A tempi lunghi e medi.

18 ANNI!

Li accetto, ma preferirei averne 16.

Non mi va di essere troppo simato,

non mi valuto granchè.

Dio non ci giudicherà sul male che non abbiamo fatto,

ma sul bene che abbiamo fatto.

Quante volte in una giornata, un commerciante trova occasione d'impinguare il suo conto in banca, e con che fantasia, con che entusiasmo.

Il conto in banca del cristiano è l'amore, l'amicizia con Dio: forse che non vale la pena di mettercela tutta per acquistarla?

Prima del "campo"

un esame di coscienza.

Mi ero proposto di farla finita con misantropia e individualismo: fallimento, non dico totale, ma sostanziale.

Sto cambiando. Ho voglia di vivere, di imparare, di santificarmi.

Vorrei vivere in maniera perfetta il mio cristianesimo, vorrei poter amare immensamente Dio, ma la realtà delude.

Mi sento proprio parte del Gruppo Giovani.

Medicina, definitivamente.

L'ostacolo grave è la difficoltà, la quasi impossibilità di trovare lavoro.

Inoltre, ho meditato tutto l'anno su un punto fondamentale: Medicina per autentica vocazione, o per adolescenziale ed immaturo proposito di generosità?

Riguardo a questo punto, ho pregato e meditato molto, da solo ancora (e chi mi conosce tanto da potermi dare un parere attendibile?).

E che cosa potrei fare all'infuori del medico?

Forse, il magistrato.

E che cosa farei se ci fossero prospettive di lavoro per i medici, se non il medico?

Vista la determinazione persistente, decido, e rischio, sperando di non aver confuso idealismo e vocazione.

Per il lavoro so già che me lo procurerà Dio.

Per la maturazione necessaria, e che a me manca quasi totalmente, ci penserà lo Spirito.

Mi sono iscritto a Medicina: ora è finito il tempo delle verifiche e dei dubbi, di qui non si torna!

Non sono del tutto tranquillo, perché ho sempre un po' di timore sulla solidità della mia scelta.

Lo studio è anche scelta di vita severa, impegnata a fondo; ora sui libri, domani (se Dio vuole) in corsia; rifiuto di opzioni comode, sforzo di consapevolezza.

NOTA: La Meta è ormai vicina.

Ieri ho visto il sig. N. N. dopo l'operazione: umanamente, c'è solo da sperare che possa morire presto.

Sono stato profondamente colpito.

Ho percepito, per poco ma vivamente, ciò che mi aspetta: una vita di condivisione delle sofferenze altrui, ed ho avvertito il peso di ciò.

Medicina è una scommessa con te stesso: toccare con mano il dolore degli altri senza lasciarmene schiacciare, affrontandolo con serenità; è un traguardo che non mi deve spaventare, perché devo raggiungerlo in ogni caso, come uomo.

Lo stesso vale per la capacità d'instaurare profondi rapporti umani.

Il punto della situazione: mi sembra ormai che ogni problema inerente allo sviluppo delle potenzialità che mi faranno capace, quando Dio vorrà, d'instaurare rapporti più profondi sia ormai risolto; vale a dire, è risolto il problema che mi ha tormentato per tre anni: ti ringrazio Signore.

Non posso dire che le moltitudini cerchino la mia compagnia, ma credo ormai che l'amicizia sia un dono che Dio elargisce a tempo debito: non è segno di povertà spirituale il non avere amici (bisogna anche fare i conti con la cattiveria umana ma è gravissimo il non poterne avere, perché non si ha fiducia nell'uomo).

Credo infatti che il cuore del problema della solitudine sia questo: non cogliere il profondo valore di ogni uomo, cioè non cogliere che ciò che di più prezioso esiste sulla Terra sono le persone, cioè non cogliere che la meta suprema dell'uomo è la comunione, l'unità.

E' chiaro che una tale fede esige coerenza, e la coerenza darà i suoi frutti: basta attendere con tenacia e pazienza.

IL GUSTI (ricordo di una persona scomparsa)

Era seduto davanti ad una scodella di latte

in cui inzuppava pezzi tagliati di pane raffermo.

aveva i capelli nivei e folti;

un po' arruffati, ma fluenti;

le sopracciglia folte, nevose.

Gli occhi scuri, placidi, sereni.

I lineamenti erano forti,

come scolpiti dal vento che scuote i boschi

e turbina nei canaloni dei monti.

Traspariva dal volto del vecchio la saggezza di lunghi anni,

la quale gl'infondeva la capacità di sorridere ad ogni nuova aurora,

di godere il profumo dei funghi e dei boschi

ed il sapore del latte delle sue caprette.

Non sapeva parlare bene, il Gusti,

ed ogni tanto si confondeva;

aveva una voce roca, che del resto, non gli serviva a gran chè;

infatti parlava poco, certo non per scortesia

ma per quella sorta di timidezza, di ritegno,

che aveva imparato dagli animali boschivi suoi amici.

Né riusciva sgradito il suo silenzio,

perché prestava sempre grande attenzione a tutti,

assentendo di quando in quando col capo.

Il Gusti era come uno del suoi castagni:

forte, poderoso, ed insieme tenero,

così buono da permettere agli uccelli

di fare il nido sui suoi rami.

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Finalmente un punto fermo!

La mia determinazione a ricercare in Dio il senso della vita (determinazione che, per quanto fiacca, realmente possiedo) nasce dal crollo di ogni altra speranza di felicità, dopo la morte della zia.

La maturazione delle mie convinzioni fu tutt'altro che spontanea od influenzata dall'ambiente: vi fu un tempo in cui esse mancarono, e rinacquero in quasi due anni di crisi.

Quindi primo mattone È indiscutibilmente saldo!

Grazie, Signore.

Perché aspettarci che la realtà sia conforme alle nostre aspirazioni?

Ogni giorno veniamo smentiti in questa speranza!

E allora? Allora rimane l'Utopia, l'Ideale, il Già e non Ancora: per esso sperare profondamente, per esso vivere, e vivere nella gioia, perché la nostra speranza non sarà delusa.

Mi chiedo perché, almeno in genere, le mamme amino tanto i figli: forse perché hanno dato loro tutto quanto avevano.

Quale sarà il segreto di tanti matrimoni riusciti?

Forse una donazione di sé totale? E sarà questa la condizione per costruire una famiglia solida?

Io credo che se si vuole amare una persona, si debba proprio incominciare ad amarla con decisione.

L'angustia per il fatto di dover vivere a spese del lavoro di mia mamma, che negli ultimi tempi si era fatta piuttosto pesante, ora si è ridimensionata, e sto meglio.

Ho una gran voglia di stare con la gente, di stringere legami: come sempre, le idee al riguardo sono un po' confuse.

In settimana, trovandomi sull'autobus, pensai che le persone che mi stavano accanto hanno smisurate possibilità di bene: vidi i loro volti farsi luminosi; ebbi quella certezza di profondità.

Signore, fa, Persona, che io desideri, in ogni momento della mia vita.

Una nota scontata, tanto per tenere a mente un punto fermo: guai desiderare le persone per sé stesse: dobbiamo in ognuno cercare l'Assoluto; così, eviteremo di attaccarci troppo alle persone, e di rimanere schiantati dalle delusioni che loro ci daranno.

Signore, non capisco che penso, ma vorrei porre questo mio desiderio delle persone, assieme alle mie amicizie, nelle tue mani.

Per una versione ermetica (alla Ungaretti) del ricordo delle Pale di S. Martino [1]

Lo stile deve essere necessariamente spoglio; bisogna cioè porsi di fronte alla natura come si ponevano i nostri padri: con il senso profondo della sua grandezza, percepita attraverso le dimensioni ed i fenomeni, e con il vivo desiderio (che per loro era necessità di sopravvivenza) di comprenderla, di trovare il motivo di tanta Grandezza.

Ovviamente, la nostra meditazione sarà diversa da quella dei progenitori, ma se il punto di partenza non è il sentimento della grandezza della natura, della sua grandezza incomprensibile, non sfuggiremo alla tentazione di dominarla.

Noi stiamo qui, ci dibattiamo fra crisi, sconfitte, dubbi, debolezze, ...vite tormentate, in cui con grande difficoltà riusciamo a vedere un senso.

Ma loro . . ., loro sono là.

Le Pale; non si capisce come, nello stesso mondo, possano coesistere le nostre miserie e la loro stupenda bellezza!

E' per te, omiciattolo in crisi; è parte anch'essa della tua vita, anche se non si capisce come; sono lì, e noi le ignoriamo.

Non si tratta di contemplarle allo scopo di eludere i problemi quotidiani; si tratta di capire che là troviamo noi stessi; là ed in ogni luogo favolosamente bello.

Si tratta di capire che... ali, ali per farmi volare a Dio!

Ali. Le mie non bastano.

Vigilia della Mariapoli[2]: scrivo quali sono le mie attese, per poterle poi confrontare con i risultati.

Fondamentalmente, spero di capire cosa vuol dire "fare unità, comunione", spero di capire come, perché si devono desiderare le persone, e di ascoltare chi meglio di me ha scelto totalmente Dio.

Mi capita talora di considerarmi angusto, pesante; sono però ricco, al pari di ogni altro uomo essenzialmente.

Forse ci succede di vivere come se possedendo una grande villa tenessimo aperte solo alcune stanze; oppure come se fossimo proprietari di un parco e ne frequentassimo solo qualche angolino. Cioè, dobbiamo approfondire la conoscenza di noi stessi mediante il miglioramento, il superamento di noi stessi, ad opera della preghiera e del dialogo con gli altri.

La bontà di un rapporto umano si misura proprio dall'approfondimento della conoscenza di sé: la persona si conosce e si migliora (se lo vuole) nelle e con le sue peculiarità per cui, pur nell'incessante progresso, mantiene i suoi lineamenti fondamentali.

Un altro pensiero che non ha la pretesa di essere né originale né profondo riguarda la difficoltà che possiamo avere nell'accettare noi stessi.

Mi sembra ci possa capitare di disprezzare alcune nostre caratteristiche, che cerchiamo perciò di nascondere o di eliminare da noi stessi; se non sbaglio, ci può capitare di vederle "altre" da noi, come chi giudica l'aspetto, lo stato di conservazione di una casa che voglia comperare.

Ma le qualità di noi stessi che rifiutiamo sono parte integrante di noi; la nostra identità si è formata anche grazie a quelle peculiarità; anzi, il Crocefisso ci insegna che i migliori esiti della nostra maturazione hanno misteriosamente la loro radice proprio in quelle manchevolezze dovute al carattere, alla formazione, ecc..., attraverso le quali filtra in noi la Grazia.

Noi rifiutiamo qualcosa di noi stessi perché ci giudichiamo in riferimento ad un modello: notiamo anzitutto che tale giudizio è sempre parziale; in altre parole, non ci misuriamo con gli altri sul piano della Validità Essenziale (che è la stessa per ognuno, proprio in quanto uomo), ma riguardo a delle facoltà, quali per esempio: intelligenza o l'aspetto fisico...; quando possediamo le stesse facoltà in grado inferiore rispetto al nostro modello, scatta la mancata accettazione, se non siamo equilibrati.

Notiamo che la mancata accettazione procede da una valutazione parziale della persona.

Non abbiamo in realtà bisogno che di Cristo quale modello di umanità: posto lui come faro al nostro processo di miglioramento interiore (cioè alla scoperta di noi stessi) non avremo complessi di inferiorità e la nostra personalità, la nostra identità avranno il fondamento più saldo, scevre da paure, reintegrate nella conoscenza della Validità Essenziale

Bisogna osservare che nel rapporto umano noi mostriamo il risultato del nostro lavoro interiore.

Ogni conoscenza del reale e di noi nasce e si sviluppa dall'incontro umano: è incredibile, eppure non ci possiamo sognare di fare grandi progressi senza gli altri, che hanno come la chiave per aprirci la via alla conoscenza di noi stessi.

Che buono Gesù: per aiutarci a capire, ha dovuto farsi uomo, e mostrarci la verità nell'esperienza vitale, ed ha accettato con amore.

Un aspetto del nostro bisogno degli altri è un po' inquietante: la valorizzazione delle nostre doti, ed in particolar modo della Validità Essenziale, dipende moltissimo dall'ambiente in cui si vive.

Per un breve momento mi sono sentito realmente padrone della mia vita, ho intravisto la via nuova che devo battere.

E' stupendo sentirsi "protagonisti": nell'amicizia, nell'amore, nello sviluppo del proprio disegno: una famiglia nuova (la propria!), una casa nuova fatta da noi, piena di luce, il lavoro... è come inventare tutto di nuovo, magica ruota della vita che si sale...

Bisogna capire e riconoscere che quanto di assolutamente originale al mondo ci riguarda non sono le nostre opere: siamo NOI.

Prima di essere pensata e progettata, la realtà deve essere accettata per quello che è: così, uno sforzo di pianificazione che, in qualche modo, pretenda di essere globale è destinato al fallimento.

Mi pare che un mio grande errore sia sempre stato quello di voler piegare la realtà ad un modello mio precostituito se la realtà non si lascia piegare, sono in crisi.

Lo sforzo della volontà e dell'intelletto deve essere volto a cogliere e perseguire ciò che c'è di buono nella vita, ciò che di buono la vita ci OFFRE: e cioè la presenza di Dio nella vita.

Ciò non toglie che, per affrontare le esigenze concrete, sia necessario programmare, in qualche misura, i propri impegni.

Io non ho mai pensato che la mia Via (mia!) passi per una stupenda casa, ville, cavalli, celle frigorifere, camions[3]... Tutte queste cose non mi interessano più di quanto serva per assicurare alla famiglia che probabilmente mi formerò una dignitosa stabilità.

Se fossi un intellettuale, dire che la mia Via passa per opere conferenze, lezioni, ma così non sarà. A me piacerebbe che la Via di me e della mia famiglia passasse per la medicina, per una gioiosa socialità, per il servizio agli altri; se dovessi finire mercatante, vorrei concretizzare la mia Via in una cooperativa: è meglio arrivati alla vecchiaia, vedere che il proprio lavoro ha fruttato un solido organismo sociale, piuttosto che una casa con l'orticello e due macchine: tutto questo è bello e utile, ma non può bastare, mi sa di ideale più borghese che cristiano.

Penso che una famiglia sia più sicuramente fondata se ha alle spalle il fraterno lavoro di altri, piuttosto che un cospicuo conto in banca.

Ora più che mai è necessario ribadire che la Via è il modo di sviluppo integrale della persona, e pertanto non piò assolutamente prescindere da una matura socialità.

La Via, insomma, è Cristo rinato nelle nostre storiche persone.

Quando hai voluto, Signore, sono arrivato.

Qual è il fondamento della sicurezza di sé?

E' il moto della coscienza che riconosce sé stessa come essenzialmente positiva; lo chiamo sentimento positivo di sé.

Nel riconoscimento, più o meno esplicito, dell'unicità della coscienza e nel sentimento positivo di tale unicità è la fonte della creatività, è il segreto della Via: stupenda, perché originale.

Altra scoperta di fondamentale importanza: occorre amare la vita per sé, profondamente: la luce, l'aria, prima che le stesse ragioni per cui si vive. Bisogna, cioè, avere il "sentimento positivo della realtà", per cui l'amiamo e l'accettiamo per il solo fatto che E'.

Amare la vita, insomma, "con le viscere e con il ventre".

Finora, io ho sempre sostenuto che l'alternativa si pone tra il Cristianesimo ed il suicidio; potrebbe anche non essere vero, purché si sia capaci di amare così la vita.

PENSIERI A RAFFICA

  • E se la sensualità, particolarmente quando è componente dell'erotismo, fosse una forma di mistica nera, pervertita? Ambedue si nutrirebbero allo stesso amore viscerale per la vita, percepita essenzialmente come piacere in un caso, amore nell'altro.
  • Praticando l'aborto e l'eutanasia la classe medica ha smesso di porsi a strenua difesa della vita umana: il medico compiacente è solo il difensore della qualità della vita di quanti possono su questo decidere: la loro valutazione, ovviamente, non tiene conto del parere di altre persone coinvolte ma impossibilitate ad esprimersi. Tali medici sono i sacerdoti dell'edonismo, del nichilismo; neppure i valori più elementari reggono più; non è più vero che la vita è sempre vivibile; lo è solo se...,le condizioni sono più importanti della vita che si ha, o di quella che si può far fiorire.
  • Il ricorso ai contraccettivi per la poca fiducia nei metodi naturali non potrebbe essere segno di un atteggiamento di portata ben più ampia, per cui ci si può fidare solo di ciò che è concepito dall'uomo, e non di ciò che è indipendente dal pensiero? Il pensato, il progettato, è buono, il resto, no.

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Cristo è formidabile: ha restituito la piena unità, l'armonia alla vita dell'uomo.

E' un logos di completezza, all'interno del quale l'uomo si muove con la totalità del suo essere, senza che nella sua vita un aspetto particolare prevalga sull'"umanità", ed attiri a sé tutto l'agire umano.

Così, ogni stile di vita che previlegi un solo aspetto dell'uomo (il raziocinio, la genitalità, la capacità lavorativa ed imprenditoriale) è certamente antiumano.

E' un (piccolo) tormento, Cristo: se non ci fosse Lui sarebbe facilissimo orientare tutta la propria vita verso lo sviluppo di una sola delle mie facoltà, ma Lui mi richiama, mi salva.

La fiducia che si ha in una persona può essere serena senza chiedere all'altro di essere integralmente buono; essa si riflette sul nostro comportamento: agiamo, infatti, come se l'altro stesse lavorando alacremente alla soluzione dei propri difetti.

La fiducia è realista per il presente, e richiede perciò tatto e prudenza, è ottimista per il futuro.

Come sapere quando il parlare deve essere franco, per la correzione fraterna?

Quando è ispirato dall'amore.

Come lasciare morire il nostro orgoglio nel servizio agli altri?

Con l'amore, con il farsi uno con gli altri, dividendo con loro gioie e dolori.

E' bello che ogni persona sia unica ed irripetibile ma ciò vuol anche dire che è anche tremendamente sola.

Tu Gesù hai riempito la solitudine di ogni uomo

Nessun rapporto, per profondo che sia, toccherà mai le profondità del nostro essere, il mistero che ci portiamo dentro: buco nero, landa spazzata dal vento, deserto che ti attende.

Esiste però un rapporto tra gli uomini capace di vincere, almeno in parte, la solitudine: è l'amore.

L'amore deve desiderare di comunicare con l'altro uomo, solo perché è un uomo; deve essere interesse profondo per la sorte e la persona dell'altro.

Ci sono delle situazioni in cui la comunicazione è impossibile, anche tra fratelli?

Certo, siamo fatti di carne, ed è difficile che si Instauri un tale legame, ma lo dobbiamo cercare.

Esiste nell'uomo un bisogno di affetto molto profondo. Capita però che più cerchiamo amore dagli altri e meno ne troviamo, più desideriamo un angolino nel cuore degli altri, e più ne troviamo chiusi i portoni. E allora?

L'amicizia, tuttavia, è incompatibile con un intenso bisogno di ricevere dagli altri la fiducia in sé stessi.

C'è in ogni persona una terra vergine, una prateria sconfinata, che solo il vento percorre in tutta la sua estensione, e solo la pioggia ed il sole penetrano: è il mistero di ogni persona, l'universo silenzioso di ogni uomo.

Così, i genitori mettono al mondo uomini, di cui mai conosceranno il cuore; così un uomo e una donna si amano ma senza potersi interamente conoscere.

Ciò nonostante, siamo chiamati all'Unità; è un mistero.

Così intimamente impenetrabili, eppure chiamati all'Unità.

Per le sole peculiarità del codice genetico, ogni organismo vivente è assolutamente peculiare: eppure non ci sarebbe la vita senza mutua cooperazione.

Pare quasi che lo scopo principale delle forme viventi animali e vegetali (uomo escluso) sia quello di perpetuare la vita, sia secondo la propria specie, sia secondo la partecipazione all'equilibrio biologico. Da questo punto di vista, il calo demografico dell'Occidente rappresenta una mostruosità; lungi infatti dal desiderare di perpetuare la vita, viviamo per noi stessi esclusivamente, quasi che dopo di noi non ci debba essere proprio nulla.

Ricchi di tutto ma poveri di bambini: c'è bisogno di una prova migliore per poter affermare che il consumismo è una forma di negazione della vita?

Sono sereno, la simpatia mi circonda all'Università, lieti legami sono nati con i compagni. Penso che sono giovane, che posso ancora permettermi di girare dimesso, squattrinato con una bici cigolante, che posso gettare tanto ardore in ciò che faccio.

Fammi conoscere Signore la strada da percorrere.

Già, non so ancora quale sia la mia Via.

L'unica strada per trovare il mio posto nella vita passa certamente per l'umile quotidianità.

Non si può immaginare un Cristianesimo che si venga ad innestare su un umanesimo che abbia già trovato in se la perfezione. Non si può immaginare che la fede vera, viva, profonda, sia solo per pochi, solidi e maturi, quasi a rischiare e confermare la loro grandezza.

Nella fede, vero Umanesimo, vera solidità: "sono venuto a curare i malati".

Dio ci manda il dolore come una pioggia dopo la siccità.

Due sono le grandi tentazioni di un giovane: la filosofia dell'attimo e l'ambizione.

Ambizione e filosofia dell'attimo nascono, mi sembra, dallo stesso movente: la paura della morte: Infatti, qual è il proposito dell'ambizioso, in radice?

Essere notato, famoso, importante, oltre che il godimento dell'attimo, talora: cioè, in qualche modo, sfuggire all'anonimato che sembra definitivamente confermato dalla morte.

Il mondo dei sentimenti, delle scelte, delle scoperte, specie esistenziali, nega radicalmente che io sia una formica in un formicaio gigantesco.

Sappiamo di essere immortali: e allora, a che l'ambizione smodata?

22 marzo. Oggi è il mio compleanno! In questo periodo sono molto felice, mi sembra di aver acquistato un po' di fiducia.

Mi sembra di aver accettato il fatto che i rapporti umani abbiano, intrinsecamente, un limite e ciò mi rende molto sereno.

Mi chiedo però se questa serenità potrebbe resistere al fuoco della prova.

E' certo stupendo, immagino per me come per molti altri, riandare con la memoria alla via percorsa, alle soste faticosamente raggiunte sulla parete della conoscenza interiore, ai duri passaggi dei momenti di prova, ed osservare, con legittima soddisfazione, la meta raggiunta (non con le sole proprie forze, però).

Tuttavia, su tutto ciò ci si deve fermare poco, quanto basta per ringraziare, perché anche questo giorno di riposo esige un superamento, un ulteriore sviluppo della propria umanità: è l'attesa di una nuova parete, di una nuova impresa...

Parlando del dolore, del male, della morte, non è possibile dimenticare la Croce.

Si tratta di problemi quanto mai importanti ed oscuri, ma per quanto smarrito sia il nostro sguardo, per quanto sconcertata e paurosa la nostra reazione, non possiamo dimenticare che Dio stesso si è volontariamente sottomesso al giogo di dolore di tutto il creato.

L'esistenza del male, e della sua dolorosa manifestazione, non smentiscono l'amore di Dio.

Dio stesso si è smarrito.

Perché, ci si potrebbe chiedere,Dio ha permesso la Croce?

Riflessioni sotto le Pale di S. Martino:

meravigliose, in un mondo pieno di miserie,

quasi un frammento di Paradiso lasciato

sulla Terra.

Pare quasi che la bellezza del creato ci sveli,

in contrasto insopportabile con il dolore,

la tensione fondamentale della vita:

tra regalità ed abbandono, come il Crocefisso.

Davvero l'amore a Gesù Abbandonato è la chiave interpretativa dell'esistenza.

Dopo l'ultima domenica di luglio: Grazie.

Al ritorno da Entreves: la dolce, struggente emozione di ritornare nella propria umile casa, di saperla abitata da persone buone.

La tenera bontà della mia cara mamma.

Metà agosto: è un periodo di pace, di fiduciosa serenità.

Di tanto in tanto, qualcosa turba ed increspa il quieto respiro di questo lago, ma subito torna la calma.

E' sorprendente la gioia dopo la Messa.

Mi sembra che la mia vita spirituale potrebbe essere molto migliore di quanto non sia veramente.

In fondo, che cosa conosco di Dio?

Egli dà ordine all'esperienza umana, tutto conduce al bene è la condizione del rapporto umano; certo, però la redenzione mi sfugge, non capisco.

Ho passato il 31 dicembre immerso in faticose meditazioni, a zonzo per la val di Fassa, ed un capodanno assai poco sreno.

Pregare vuol dire, in questo tempo cupo, lasciare che da una fessura il Mistero in-esperibile (per me) entri nella mia vita.

E' tornato il sereno! Sono stato in dubbio se ripresentarmi o meno alle elezioni studentesche: però, subito dopo la decisione positiva, mi sono sentito felice e pieno di coraggio.

Ora che sto per, come si suol dire, "entrare" in politica, vorrei annotare le mie aspirazioni al riguardo: vorrei fare la mia parte, secondo le mie capacità: mi interessa fare carriera, non posso negarlo; però vorrei che fosse la cura di regno di Dio a prendere il primo posto.

Non voglio prostituire la mia dignità, per arrivare.

Il male nasce dall'interno.

Venerdì santo: a cosa mirare, cosa cercare, in pratica, per la mia vita?

La ricchezza, per sé, non conta.

La solidità, la partecipazione alla socialità, alla costruzione della civiltà dell'amore, attraverso il lavoro, la vita familiare, la partecipazione: questo voglio.

Non sarebbe forse splendido creare un ambiente familiare del quale i figli si potessero ricordare come di un luogo governato dalla serenità, dalla pace, dalla sincerità?

Ecco, se qualcuno potesse dire un giorno: "là ho trovato un angolo di Paradiso"; non vale forse la pene di spendere, per questo solo scopo, la vita intera?

Ho capito bene? E' questa la Via?

Notte di Pasqua. Gli esercizi del CLU mi hanno ricordato che l'opzione per la fede è pienamente ragionevole: nasce dal cuore, dalla nostra sete di infinito.

Veramente si è fatto di tutto per eliminare l'anelito a Dio, e sembra che la vita si snodi sorridente e futile come la pubblicità, vangelo della distrazione consumista.

Di tanto in tanto il dolore grida, nella vita di tutti, la nostra sete di vita e di felicità, palesemente inappagata.

Io non mi devo "fare una strada", non mi devo aprire una via nella roccia, lavorando di piccone: non ho neppure il piccone, né alcun altro utensile.

Tutta la mia intelligenza, tutta la mia maturità, tutta la mia dotazione umana serve solo a trovare

la strada che Tu hai tracciato per me, che Tu hai aperto per me, per monti e valli.

Ha dovuto fidarsi, anche Lui: nel tempio, fra i dottori, seguiva una Volontà che ancora non conosceva.

L'intima natura di ogni istante è di essere donato e redento:

hai redento anche i miei anni universitari.

Cosa ricordo dell'Università?

i rapporti con alcuni amici: nella memoria rimangono solo le persone.

Quando l'uomo è provocato da un forte sentimento, di amicizia o di amore, la vita si colora, la sensibilità si affina, la mente guarda, le forze si risvegliano.

Non è necessario che l'amore veda compiersi ciò a cui aspira, perché l'animo si risvegli. Appunto ciò che sta succedendo a me: invincibile richiamo all'Unità.

Anche se non ho visto coronate le mie aspirazioni, mi sento forte e lieto.

O. Clement: non siamo cristiani per essere felici, ma per essere vivi: ovvero, la vita vale più della felicità, per i cristiani.

Ecco, un giorno sono triste, un altro felice.

E' veramente strano, o nuovo, come l'amore, anche sofferente, scuota l'animo.

Così, sembra che, comunque, non avrò alcuna preoccupazione per il futuro. Penso di essere l'unico neolaureato medico a disporre di tante opportunità, partendo da una situazione non molto favorevole. Tutto questo mi è stato donato dalla Provvidenza, non so perché proprio a me, e singolarmente, tutto è venuto attraverso il Movimento di Comunione e Liberazione.

La Provvidenza si è mostrata molto generosa con me: mi ha dato queste occasioni, nonostante la mia poca fede, e quasi supplendo allo svantaggio iniziale.

NATALE

Ho passeggiato per S.Giovanni in Valle, sull'ora del tramonto: che suggestione!

Dal colle di Nazareth ho visto la sagoma di San Zeno in Monte sfumata dalla nebbia.

Da colle S. Pietro, il campanile di San Giovanni in Valle, illuminato dal basso: le case dietro di esso sembravano appartenere ad un paesino di montagna, buie, silenziose, avvolte nella nebbiolina soffice.

Silenzio, squarci di mura antiche, lampioni a muro dalla luce strana, calda un po' fioca, discreta, portali antichi.

Bello!

Ci siamo ritrovati a cantare.

Ma quale compagnia, oggi, si trova, apposta per cantare?

Sono profondamente felice.

E' stato un anno meraviglioso! Grazie di tutto!

16 febbraio (1989)

Il Movimento di Comunione e Liberazione è il luogo dove si compie il miracolo di un interesse rivolto esclusivamente alla mia persona.

Mi sembrò, a volte, che il problema fosse semplicemente trovare un mezzo di appoggio: ora l'ho trovato, dono di una Compagnia attenta soprattutto al mio destino.

Il mio peregrinare alla ricerca, almeno apparente, di un lavoro, sembra avviarsi ad una conclusione, o perlomeno ad una sosta.

La Provvidenza mi ha donato un lavoro, che tanti miei amici non hanno, quasi rispondendo con paterna solerzia alle mie infantili paure.

La sfiducia mia viene ripagata con una sovrabbondanza di Misericordia.

Inizio marzo (1989).

In ogni circostanza, sento che è profondamente coinvolta la mia persona: Così, dopo più di un anno, comincio a comprendere uno dei pilastri del Movimento; c'è un momento preciso a partire dal quale ha cominciato a pulsare in me questa straordinaria tensione: il 16 febbraio[4].

Il fulcro del problema mi sembra il permanere di una volontà di vivere, confronto con il reale, così che uno, pur dolente, mantiene la passione per sé stesso e per la vita.

E' realmente possibile confrontarsi con la realtà, sia essa "interna" od esterna a noi stessi, perché l'Incarnazione ha inscindibilmente legato la realtà al nostro personale Destino:

ho capito che non è saggio fare troppi progetti precostituiti, ma è meglio seguire lo solgersi degli avvenimenti.

Nell'Incontro è il germe di ogni novità

Pasqua.

Penso che Dio mantenga tutto nell'essere, con la gioia di vedere , di infinitesimo in infinitesimo, le cose esistere.

Dev'essere vero che il Bene si espande nel creato, di attimo in attimo.

"Quando respiro, io Lo vedo compiaciuto".

Cercavo chissà cosa; mi affannavo. Sarebbe bastata un po' di pazienza: due grandi amori attendevano di riversarsi sulla mia persona.

Il centuplo esiste, quaggiù; non devo avere paura di niente.

Il vicolo non esiste più, si è mutato in sentiero: il bello di un sentiero è che porta sempre da qualche parte.

Neppure il piccone esiste più: solo un paio di scarponi

"Chiedete e vi sarà dato": in queste parole si dice la possibilità di una vita umana, cioè che la nostalgia di Casa trovi una soddisfazione.

Ho l'impressione che, nell'economia dell'esistenza, ciò che viene donato abbia valore preponderante rispetto a ciò che si conclude con le proprie forze. Ossia, realmente non ci costruiamo da soli la vita.

Ora, il pensiero di essere indipendenti nella conduzione della vita, talchè si può pensare ad un "self made man", può condurre a due posizioni: l'orgoglio così come viene comunemente identificato, o lo scoraggiamento derivante dalla discrepanza tra il compito di realizzare da soli la propria vita, e la pochezza delle forze nostre.

Immagino che, ultimamente, lo scoramento sia il punto di arrivo dell'ogoglio, spesso.

Altro che bei pensieri!

C'è mancato poco che me ne andassi dal Movimento: però, ho cominciato a chiedere aiuto alle persone.

O Tu incarnato sei onnipotente e perciò in grado di guarirmi, o perdiamo tempo e basta: la cosa più ragionevole è credere che Tu puoi e vuoi guarirmi, perché se così non fosse l'Universo intero sarebbe una mostruosità enorme.

L'unica possibilità di liberazione da tutti gli idoli è sapere, e voler sapere, di avere un Destino, ossia che la vita è dono, e perciò che nulla di indispensabile alla vita viene necessariamente da un soggetto diverso dal Creatore.

Perciò è sbagliato credere, come io credevo, di ricevere sé stessi e la propria felicità da una donna

Mi sto, per la prima in vita mia avvicinando alla mamma: sta risorgendo un rapporto dato per spacciato già nell'estate del 1978, quando affermavo che la famiglia era solo una specie di albergo.

Forse, dagli appunti non emerge che ultimamente, ero proprio ridotto male, così male che, inaudito, ho chiesto aiuto a molte persone.

Oggi ho promesso alla Madonna di Pietralba che Le chiederò ogni giorno con il rosario di guarirmi, e quando avrò incontrato il Dono della mia vita, le porterò la mia corona.

Ho toccato le grucce, gli apparecchi ortopedici, ho visto gli ex-voto; è più facile, per Lui, raddrizzare un osso o un cuore?

L'accogliere sé stessi come dono è certo il primo passo per ritornare bambini, e poiché accogliersi come dono è indispensabile per la salvezza, Lui non mi farà mancare il suo aiuto.

Lavorare nelle Opere consente di respirare un'aria di libertà, pura dai miasmi degli intrallazzi vergognosi, un'aria di coraggio e di fierezza.

Mi sento come se, in tanti anni passati all'ombra del campanile, non avessi capito proprio niente.

E' passato un anno: senza dubbio un anno, un altro, doloroso, talora molto.

Però, forse, ora sono più vicino a Dio che non un anno fa.

SOGNO DI FELICITA'

Verrà un tempo in cui, nelle fredde nebbiose sere d'inverno

tornerò a casa, sfinito per la lotta con la morte e il dolore.

Ed i miei bimbi mi spalancheranno la porta della nostra casetta

e la luce ed il calore del focolare

mi scioglieranno l'amarezza del cuore.

E li prenderò in braccio, li bacerò,

li farò ridere, giocheremo insieme.

E con occhi sfavillanti saluterò la mia sposa,

d'oro vestita, cinta di perle,

la fronte d'adamantino diadema ornata.

Come un montano torrente d'argento

fluirà la sua voce.

Assieme costruiremo un mondo nuovo, felice,

dove tutti si ameranno come noi.

E' solo il sogno d'un giovane, lo so

Verrà la morte, e spegnerà il fuoco del camino,

e non la potrò debellare.

Mi opprimerà l'angoscia

con le sue armi numerose ed orrende

e mi raggelerà il cuore, mi schiaccerà

col suo carico immane.

Ma Tu, Dio della mia salvezza,

Dio meraviglioso,

diraderai le mortifere nebbie.


[1] Le Pale di san Martino sono gruppo delle Dolomiti che si trova tra il Trentino e il Veneto

[2] Mariapoli si riferisce agli incontri di formazione del Movimento dei Focolari, che in quel periodo Giovanni frequentava assiduamente.

[3] Aiutava la mamma al mercato tra camions e celle frigorifere per conservare gli ortaggi e la frutta

[4] E Giovanni morirà proprio un 16 febbraio, quattro anni dopo